Pensione a rischio: chi potrebbe non riuscire mai a smettere di lavorare

Sessantadue anni, gli estratti bancari davanti, una domanda che assilla sempre di più: e se non riuscissi mai davvero ad andare in pensione? Sempre più italiani si pongono questa domanda, osservando il sistema previdenziale da dentro e scoprendo che il traguardo della pensione non è più così scontato come lo era per generazioni precedenti. La pensione oggi rappresenta un rischio concreto di insufficienza economica, soprattutto con carriere discontinue e contributi accumulati nel tempo in modo irregolare.

La pensione a rischio riguarda chi ha sperimentato carriere discontinue, accumulato bassi contributi previdenziali, lunghe pause dal lavoro o redditi insufficienti a generare un assegno pensionistico adeguato, trasformando così la vecchiaia in una continua e estenuante necessità di continuare a lavorare per sopravvivere.

Invecchiamento della popolazione, riforme continue, spostamento dell’età pensionabile verso l’alto: il contesto generale rende meno certa ogni prospettiva. Chi rischia davvero di non potersi fermare dal lavoro? E cosa si può ancora fare per evitare questa trappola?

Perché la pensione è sempre più incerta

Il sistema contributivo italiano funziona secondo una logica semplice sulla carta: ricevi in pensione in base a quanto hai versato e per quanto tempo. Nella realtà, però, la discontinuità della carriera genera danni difficili da colmare. Chi ha lunghi periodi di disoccupazione, chi ha lavorato in nero, chi ha subito contratti precari accumula vuoti contributivi che riducono l’importo finale della prestazione.

Nel 2024, l’importo medio di una pensione era pari a 1.223 euro mensili, dato che scende ulteriormente nel primo semestre 2025. L’età media di pensionamento è salita a 64,8 anni, segno della pressione crescente sul sistema. L’inflazione fa il resto: una cifra che sulla carta sembra accettabile si rivela insufficiente per vivere con dignità nella realtà quotidiana. Le riforme successive hanno inoltre reso più rigide le uscite anticipate, riducendo le alternative per chi ha iniziato a lavorare presto o in condizioni pesanti.

I profili a rischio di non riuscire mai a smettere di lavorare

Lavoratori con carriere frammentate affrontano il pericolo maggiore: lunghi periodi di disoccupazione, lavoro nero, pause non coperte trasformano il conto finale in un numero esiguo. Lo stesso vale per partite IVA e autonomi che hanno versato poco negli anni iniziali, quando i guadagni erano bassi o irregolari.

Donne che hanno interrotto il lavoro per cura di figli o genitori rientrano spesso in questa categoria critica: i vuoti contributivi si accumulano e il rientro professionale è difficile e tardivo. Chi ha iniziato a versare tardi, studi lunghi, cambi di percorso, periodi all’estero non ricongiunti, scopre a cinquanta anni che la base è fragile. Ancora più vulnerabili i lavoratori precoci in lavori gravosi senza accesso a uscite agevolate, costretti a scegliere tra smettere vivendo sotto la soglia di povertà o continuare affaticati. Infine, chi ha redditi medi-bassi e nessuna previdenza integrativa non possiede una rete di sicurezza vera.

Come capire se sei davvero a rischio

La prima mossa è verificare i propri contributi tramite l’estratto conto previdenziale, disponibile online o presso gli sportelli INPS. Da lì scaturiscono tre domande essenziali: da quanti anni verso regolarmente? Quanto prevedo di versare ancora? Ho altre entrate per la vecchiaia?

Lunghi buchi contributivi, pochi anni versati in età avanzata, assenza totale di previdenza complementare sono segnali critici. La differenza tra una pensione bassa e una quasi inesistente è sottile e dipende da pochi fattori decisivi.

Le leve per ridurre il rischio

Anche a sessanta anni si può agire. Allungare la carriera di pochi anni aumenta significativamente i contributi, ma con strategia, non per disperazione. Valutare una previdenza integrativa, anche con piccoli versamenti costanti, cambia il quadro nel medio termine. Ridisegnare il tenore di vita presente libera risorse per il futuro; ricongiunzioni, riscatti, bonus contributivi sono leve spesso ignorate che conviene esplorare. Coltivare fonti di reddito leggere in età avanzata, micro-attività, consulenze, affitti, offre autonomia senza l’usura del lavoro tradizionale.

Ripensare cosa significhi davvero smettere di lavorare

La conclusione non è deprimente. Molti confondono “non poter smettere di guadagnare” con “non poter smettere di lavorare”, quando spesso si tratta di scegliere un’attività meno usurante e più significativa. Una transizione graduale verso meno ore e ruoli diversi è frequentemente più realistica che un’uscita brusca.

Il vero obiettivo è avere margine di scelta: libertà di decidere, non obbligo di accettare qualunque lavoro per sopravvivere. La pensione non è più una porta che si chiude di colpo, ma un percorso, e prima inizi a progettarlo, meno sarai costretto a compromessi che non desideri.

CastellaPress

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